L'originalità di Pasquale Basile, si era
rivelata subito, e nella maniera più stupefacente, quando questo artista siciliano (ma
che da tempo vive e lavora a Terracina) fece conoscere le sue prime acqueforti. Arduo
debutto se non sostenuto, come subito è apparso, da una irrinunciabile necessità
espressiva, che non gli dava campo di scelta. L'incisione, come linguaggio che richiede la
massima tensione, che conserva nel suo farsi qualcosa, di magico persino, per
l'imprevedibilità del suo esito affidato a morsure, appariva come la più propria al
mondo arcaico, mitico, che l'artista proponeva.
Un mondo che gli deriva ancestralmente dal suo
sangue, ma anche da un assiduo studio di quella alta tradizione tragica e lirica che dalla
Grecia giunge alla sua terra, e fa eco nel suo ascolto sensibile, e da una nascosta
fascinazione per le pitture vascolari, che hanno suggerito figure e temi al suo
immaginario di fanciullo. E se al centro della sua visionarietà vi è sempre la donna, o
la copia, queste immagini sembrano aver perduto la loro carnalità per diventare simboli,
archetipi, che l'artista carica, con una prodigiosa sapienza tecnica, di un raffinatissimo
gioco di ritmi, di trame, di arabeschi. Così, come quelle che seggono sui triclini in
quelle antiche pitture o si ergono, solenni e distanti, sui sarcofagi, anche le donne di
Basile stanno in positure che appaiono cariche di ammonimenti e di evocazioni, e si
pongono come fuori del tempo che in loro non ha più senso né peso. E andando oltre,
nella ricerca sempre più temeraria di una forma, Basile arricchisce sempre la sua tecnica
con interventi di acquatinta, di puntasecca, ma sopra tutto la piega all'uso di una gamma
di colori, di tono basso, come dissipati in una sorta di fuliggine, di nebbia, che
aggiunge a quelle figure strappate dal passato, il sentimento del tempo immobile su cui la
morte non può avere vittoria. Ma dietro queste alchimie del segno, questo apparente
distacco della realtà, quasi in una raggelata raffigurazione di un'idea, l'idea della
donna, l'idea della coppia, Basile svela una sensuosità che prende corpo quando i
soggetti contenuti nei, talvolta pochi, centimetri quadrati di una incisione, si dilatano,
quasi per contrasto, nel grande spazio delle tele.
La pittura, se non tradisce l'ispirazione
originaria di Basile, ne porta maggiormente in luce la forza rappresentativa, e
l'intensità emotiva che la sottende e che qui non si nasconde più.
Basile pittore non si discosta tuttavia dall'acquafortista: non soltanto per la magia dei
suoi soggetti, il cui fascino ambiguo nasce in parte anche dalla raffinatezza dei mezzi
espressivi, ma proprio per la sua tavolozza, per quel suo colore che emerge
dall'accostamento di infinite tessere, di infiniti valori cromatici che intervengono a
comporre un tessuto vibrante di grande suggestione. Pittura che, come le sue incisioni del
resto, ha sempre un impianto scenografico, suggerisce una rappresentazione teatrale,
proprio perché la donna che mette per così dire in scena è essa stessa personaggio
emblematico, come nelle favole o, appunto, nelle leggende e nei miti.
Da qui nasce l'ultima avventura creativa dell'artista: la scultura. Quei personaggi,
immutati nella loro essenza sono diventati forma, hanno trovato la nuova realtà del
bronzo.
I Testi, per questa traduzione in un
altro linguaggio, erano già pronti, mancava soltanto il gesto che li mutasse. Ma non come
una banale operazione di riporto come molto spesso si vede fare (o non fare, nel senso che
basta un abile artigiano a dare sostanza a ciò che viveva in una sola dimensione), ma
come autentica reinvenzione, personalissima, delle sue immagini. E le sue sculture vivono
in due dimensioni,esili o più massicce, non importa, ma nettamente con due profili.Ed è
la felice intuizione che fa di questi pezzi il coerente proseguire dello stesso discorso
mosso su registri diversi. E se è chiaro che il basso o l'alto rilievo che sia
appare come il più affine alla natura, essenzialmente grafica di Basile, ecco che le
sculture di maggiore impegno possono leggersi come due autorilievi uniti, e perciò fiigli
della stessa necessità espressiva che ha sempre mosso la creatività di questo ancor
giovane maestro siciliano. Una necessità di espressione che nella scultura si fa
prorompente e, pur muovendo dai suoi temi che lo inducono a voltarsi ad un alienabile
passato, lo conduce ad osservazioni di costume nelle quali interviene talvolta la sua
ironia, ( si veda "Marlene", il cui riferimento è chiaro o alla testa di
"Guerriero", o il "Pistolero" che è un indiretto monito contro la
guerra). E la stessa raffinatezza quasi ricercata della sua grafica è riscontrabile nel
suo modellato, che ha talvolta preziosità da orafo, o che si modula (come ne "La
ballerina" o nella "venere") già in ritmi che preannunciano un ulteriore
sviluppo di questa scultura.